Jan 01
Lectio Divina: Esaltazione della Santa Croce
Giovanni 3,13-17
Chiunque crede in Gesù ha la vita eterna.
1. LECTIO:
a) Orazione iniziale:
O Padre, che hai voluto salvare gli uomini
con la croce del Cristo tuo Figlio,
concedi a noi che abbiamo conosciuto in terra
il suo mistero di amore,
di godere in cielo i frutti della sua redenzione.
Per Cristo nostro Signore.
b) Lettura del vangelo: Giovanni 3,13-17
c) Momenti di silenzio orante: perché la Parola di Dio possa entrare in noi e illuminare la nostra vita.
2. MEDITATIO:
a) Chiave di lettura:
Il testo propostoci dalla liturgia è tratto dalla Festa dell’Esaltazione della Santa Croce. Non ci deve sorprendere il fatto che il brano scelto per questa celebrazione faccia parte del quarto vangelo, perché è proprio questo vangelo che presenta il mistero della croce del Signore, come esaltazione. Questo è chiaro già dagli inizi del vangelo: “come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo” (Gv 3,14; Dn 7,13). Giovanni ci spiega il mistero del Verbo incarnato nel movimento paradossale della discesa-ascesa (Gv 1,14.18; 3,13). È questo mistero infatti che offre la chiave di lettura per capire l’evolversi dell’identità e della missione del Gesù Cristo passus et gloriosus, e possiamo ben dire che questo non vale soltanto per il testo giovanneo. La lettera agli Efesini, per esempio, fa uso di questo movimento paradossale per spiegare il mistero di Cristo: “Ora, questo «è salito» che cosa vuol dire se non che egli era anche disceso nelle parti più basse della terra?” (Ef 4,9).
Gesù è il Figlio di Dio che diventando Figlio dell’uomo (Gv 3,13) ci fa conoscere i misteri di Dio (Gv 1,18). Questo lo può fare solo lui, in quanto lui solo ha visto il Padre (Gv 6,46). Possiamo dire che il mistero del Verbo che discende dal cielo risponde all’anelito dei profeti: chi salirà al cielo per svelarci questo mistero? (cfr. Dt 30,12; Pr 30,4). Il quarto vangelo è strapieno di riferimenti al mistero di colui che “è dal cielo” (1Cor 15,47). Queste sono alcune citazioni: Gv 6,33.38.51.62; 8,42; 16,28-30; 17,5.
L’esaltazione di Gesù sta proprio nella sua discesa a noi, fino alla morte, e alla morte di croce, sulla quale egli è stato innalzato come il serpente nel deserto, il quale “chiunque... lo guarderà, resterà in vita” (Nm 21,7-9; Zc 12,10). Questo guardare a Cristo innalzato, Giovanni lo ricorderà nella scena della morte di Gesù: “Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto” (Gv 19,37). Nel contesto del quarto vangelo, il volgere lo sguardo vuole significare, “conoscere”, “comprendere”, “vedere”.
Spesso nel vangelo di Giovanni, Gesù si riferisce al suo innalzamento: “Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora conoscerete che io sono” (Gv 8,28); “‘quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me'. Così diceva per indicare di qual morte doveva morire” (Gv 12,32-33). Anche nei Sinottici Gesù annunzia ai suoi discepoli il mistero della sua condanna e morte di croce (vedi Mt 20,17-19; Mc 10,32-34; Lc 18,31-33). Infatti, il Cristo doveva “soffrire tutto ciò ed entrare nella sua gloria” (Lc 24,26).
Questo mistero rivela il grande amore che Dio ci porta. Egli è il figlio dato a noi, “perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna”; questo figlio che noi abbiamo rifiutato e crocifisso. Ma proprio in questo rifiuto da parte nostra, Dio ci ha manifestato la sua fedeltà e il suo amore che non si ferma davanti alla durezza del nostro cuore. Anche con il nostro rifiuto e disprezzo, egli opera la nostra salvezza (cfr. At 4,27-28), rimanendo saldo nel compiere il suo piano di misericordia: “Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui”.
b) Alcune domande per orientare la riflessione meditativa e l’attualizzazione.
- Cosa ti ha colpito dal vangelo?
- Che cosa significa per te l’esaltazione di Cristo e della sua croce?
- Quali conseguenze comporta nel vissuto della fede questo movimento paradossale di discesa-ascesa?
3. ORATIO:
Salmo 78
Popolo mio, porgi l'orecchio al mio insegnamento,
ascolta le parole della mia bocca.
Aprirò la mia bocca in parabole,
rievocherò gli arcani dei tempi antichi.
Quando li faceva perire, lo cercavano,
ritornavano e ancora si volgevano a Dio;
ricordavano che Dio è loro rupe,
e Dio, l'Altissimo, il loro salvatore;
lo lusingavano con la bocca
e gli mentivano con la lingua;
il loro cuore non era sincero con lui
e non erano fedeli alla sua alleanza.
Ed egli, pietoso, perdonava la colpa,
li perdonava invece di distruggerli.
Molte volte placò la sua ira
e trattenne il suo furore.
4. CONTEMPLATIO:
«Gesù Cristo è Signore!»,
a gloria di Dio Padre (Fil 2,11).

P. Gianfranco