Caterina, di temperamento orgoglioso e indipendente, ma anche tenero e sensibile, fin da giovane intraprende una lotta interiore con la sua natura, lasciando che Dio forgi il suo carattere. Diventa pian piano una creatura umile, semplice, disponibile, aperta e docile all'azione della Grazia. Impara a dire di 'sì' al Signore, giorno dopo giorno e, nell'apparente ordinarietà della vita quotidiana, incomincia a vivere le virtù in modo eroico.
All'età di 21 anni entra nell'Istituto delle Suore di Sant'Anna, accolta dalla stessa Fondatrice. Il 26 luglio 1851 veste l'abito religioso, ricevendo il nome di Suor Maria Enrichetta. Nelle Comunità in cui il Signore la pone e nelle varie situazioni in cui si trova a vivere, Suor Enrichetta continua in modo sempre più intenso la vita di donazione al Padre. La fedeltà nelle piccole azioni è il segreto del suo cammino: "Le piccole azioni fatte con grande amore valgono assai più che gli atti eroici fatti con mire umane".
A soli 32 anni è eletta Superiora Generale. Riceve così, ancora molto giovane, l'eredità di una Congregazione anch'essa giovane e si trova ad esserne 'la Madre' fino al termine della sua vita (1894). Tale elezione risulta un grande dono della Provvidenza.
Scelta da Dio per consolidare e sviluppare l'Istituto, Madre Enrichetta è fedele ed autorevole testimone del carisma dei Fondatori. Apre l'Istituto agli orizzonti della missione ad gentes, inviando nel 1871 le prime sei missionarie in India.
Madre Enrichetta è una donna tutta protesa in "Dio solo", sta alla sua presenza con la fiducia e la semplicità di una figlia. Cerca in ogni cosa la volontà di Dio e ad essa si abbandona, diventando con la sua stessa vita canto di lode alla Santissima Trinità.
È questa l'eredità spirituale che lascia alle sue figlie e a tutti coloro che hanno la grazia d'incontrarla sul loro cammino.
Senza che se ne accorgesse, Madre Enrichetta era insidiata da un carcinoma al seno. Si manifestò in seguito ad un forte colpo al petto da lei subito sul battello che da Messina la trasportava a Napoli. Lei però tenne gelosamente nascosto il proprio male sia per amore al patire che per amore al pudore. Si decise di manifestarlo solamente quando il tumore era diventato troppo grande e aveva reso impossibile l'intervento chirurgico. Alla fine di novembre 1893 si mise a letto e, malgrado i lancinanti dolori, continuò a interessarsi dell'Istituto e a compiere tutte le pratiche di devozione prescritte dalla regola.
Andarono a visitarla Maria Clotilde di Savoia († 1911), sposa di Gerolamo Bonaparte, e l'arcivescovo di Torino, Mons. Davide dei Conti Riccardi, il quale, uscendo dalla cameretta della morente, esclamò: "Quale aria di paradiso! Quale aria di paradiso!".
Il senatore Dott. Lorenzo Bruno, amministratore dell'Opera Pia Barolo, che come medico era andato più volte a curarla, disse alle suore: "La vostra madre da lunghi anni è preparata a morire. Sono sessant'anni che vedo e curo infermità strazianti e penosissime, e confesso che non ho mai trovato un'anima più quieta e rassegnata".
Madre Enrichetta trascorse gli ultimi giorni di vita nell'assopimento. Il canonico Pietro Montefameglio, suo direttore spirituale, le disse con voce forte: "Le sue figlie, Madre, desiderano ancora una sua benedizione". La morente aprì gli occhi, sorrise alle suore che l'attorniavano in lacrime, e sospirò con un filo di voce: "Umiltà! Umiltà!". Poi spirò guardando fisso in un luogo e sorridendo come ad una visione di paradiso: era il 21 febbraio 1894. Il canonico Domenico Taverna, della Collegiata di Carmagnola, disse ad una Suora di S. Anna: "Quando scriveranno la vita di Madre Enrichetta dicano pure che essa fu un angelo di candore. Affermo questo perché ho conosciuto ben da vicino la vostra Madre".
Nel 1926 le ossa di Madre Maria Enrica, dal cimitero di Torino, furono traslate nella cappella della casa madre dell'Istituto.
Il 7 maggio 1978 il Beato Paolo VI (Giovanni Battista Montini, 1963-1978), riconoscendo la sua ricchezza e fecondità spirituale e indicando il suo cammino di santità come modello da seguire, la eleva all'onore degli altari.
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