Feb 23
B. Giuseppina Vannini, vergine e fondatrice (1859-1911)

Giuseppina, al secolo Giuditta Adelaide, Vannini nasce a Roma il 7 luglio 1859 da Angelo e Annunziata Papi; è preceduta da una sorella, Giulia, e seguita da un fratello, Augusto.


 


Rimane orfana, in tenera età, di entrambi i genitori. È il primo segno del dolore e delle prove che la tempreranno nel suo carattere e nella sua personalità. 


L'accoglie l'orfanotrofio romano "Torlonia". Sono le Figlie della Carità di S. Vincenzo de' Paoli che gestiscono l'istituzione e che l'accolgono amorevolmente. 


 


Lo stile di vita, l'ambiente del "Conservatorio" - come era chiamato - la spiritualità del grande Santo Vincenzo de Paoli, la fraternità e l'affetto, hanno certo contribuito a maturare in lei il desiderio di entrare a far parte della comunità. 


Motivazioni di vario genere, da quella della salute a quella di una sofferenza debitamente rilevata dai Superiori interessati, ne hanno determinato l'uscita, un secondo ritorno, un secondo abbandono. 


 


Era l'azione dello Spirito che spingeva la giovane Giuditta alla ricerca della volontà di Dio. Come si vede, ancora prove, ancora sofferenze. La luce si accese nel momento da Dio scelto: l' incontro con un anima santa il P. Luigi Tezza, Procuratore Generale dell'Ordine dei Ministri degli Infermi. 


Da tempo P. Tezza ha in animo di fondare un'istituzione "camilliana" in campo femminile. La proposta a Giuditta viene fatta in un corso di esercizi spirituali, nel chiuso di un confessionale, nell'amministrazione di un sacramento, sotto l'azione, dunque, dello Spirito. 


Potrà essere questa la chiamata di Dio? La strada da seguire? Due giorni di tempo per riflettere, non di più. Nasce, così, nel cuore di Giuditta la fiamma della sua "maternità": è il carisma di un grande Santo, S. Camillo de Lellis, che il figlio fedele sa trasmetterle, con vivo slancio ed amore. 


 


Due le caratteristiche fondamentali: l'arte di curare i malati rendendo piena testimonianza al comando divino "Andate, curate" e l'essere lei stessa maestra del soffrire. Tutto il suo operato, l'esempio dato nella cura agli infermi, la fondazione stessa delle Figlie di San Camillo, insieme a P. Luigi Tezza, è sanzionato dal crisma della prova e del dolore. Dolore fisico, la lunga cardiopatia, ma soprattutto dolori morali, accettati ed offerti con totale dedizione e generosità. 


 


Nel 1910, dopo l'ultima visita a tutte le case in Italia e in Francia, Madre Giuseppina è colpita da una grave malattia di cuore. Passa gli ultimi mesi sofferente nel corpo e per un certo periodo anche nello spirito per timori e ansietà sulle sorti dell'Istituto.


Così, purificata ulteriormente dal dolore, il 23 febbraio 1911 rende serenamente l'anima a Dio. 


Lascia un Istituto con sedici case religiose in Europa e America e con 156 religiose professe.


Il germe scende nella terra, come evangelicamente previsto, e germoglia una pianta con abbondanza di fiori e di frutti. 


 


Le Figlie di San Camillo, contrassegnate dalla rossa croce camilliana, sono sparse in quattro continenti. Continuano il carisma della Fondatrice negli ospedali, case di cura, centri di riabilitazione in Europa e in terra di missione, anche presso malati a domicilio e nei lebbrosari, memori dell'ammonimento della Beata Vannini: "Abbiate cura dei poveri infermi con lo stesso amore, come suole un'amorevole madre curare il suo unico figlio infermo".


 


Madre Giuseppina Vannini, il 16 ottobre 1994, è stata beatificata da San Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyta, 1978-2005). 


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