Maria Rosa, al secolo Bruna, Pellesi nasce a Morano di Prignano (Modena) l'11 novembre 1917, ultima di nove figli, da una modesta famiglia contadina ricca di fede cristiana.
Trascorre la giovinezza dedicandosi alla cura materna di numerosi nipoti rimasti orfani di madre e a 23 anni segue finalmente la chiamata del Signore ed entra nella Famiglia Religiosa fondata nel 1885 dalla riminese Madre Teresa Zavagli.
Fin dall'inizio sente forte l'anelito alla santità, facendone poi il suo unico e costante ideale di vita. Dopo soli tre anni di vita religiosa, trascorsi tra i bimbi della scuola materna, Suor Maria Rosa si ammala di tubercolosi e scoprirà così la via particolare preparata da Dio per lei: la malattia, l'isolamento e la croce. E lei, da francescana verace, abbraccerà il Signore Crocifisso e Gli sarà fedele fino all'ultimo.
Seguiranno 27 anni di vita in sanatorio colmi di indicibili sofferenze fisiche e morali sempre accolte con fede e sentite come richieste d'amore a cui Dio la invitava ad aderire. Diventeranno dono quotidiano di sé e rinnovata obbedienza all'Amore che trasfigurerà il suo dolore in canto d'amore, in gioia profonda, in offerta di se stessa per l'umanità intera.
Suor Maria Rosa, pur chiusa in un angusto ospedale, spaziava con l'anelito missionario di Cristo verso l'umanità e dirà: "Vorrei abbracciare il mondo"..
Se c'è un immediato segno di riconoscimento di suor Maria Rosa questo è sicuramente il sorriso che diventava la prima carità verso chi viveva con lei, ma che si traduceva anche in gesti umani umilissimi e forti di ascolto, di pazienza, di servizio che le richiedevano un prezzo altissimo di abnegazione e di dono di sé: "Il mio cuore sta sotto il torchio anche se sono felice, tanto, tanto, tanto felice; ho iniziato la mia vita sanatoriale piangendo ma ho chiesto al Buon Dio di terminarla cantando le sue misericordie".
Questo è il paradosso evangelico della sua vita: il dolore, la lontananza, la solitudine - miracolo della potenza di Dio in un umile creatura in Lui abbandonata - possono realmente diventare non solo gioia ma anche felicità.
Felicità, la sua, che cresceva nello scorrere dei giorni e che aveva due poli di attrazione, dai quali poi si irradiava: la cappella - luogo prediletto della profonda intimità con il suo Signore - e il reparto ospedaliero, dove la sua presenza diventava carità, speranza e dono continuo di un sorriso che rifletteva la luce di Dio.
Soleva ripetere: "Mi sono fatta suora per glorificare il Signore, ebbene lo glorificherò da ammalata".
Il 1° dicembre 1972, circondata dalle Sorelle della Fraternità di Sassuolo (MO), prima di morire le sue ultime parole sono state: "Quello che conta è amare il Signore. Sono felice perché muoio nell'amore, sono felice perché amo tutti" e esclamerà: "mando un bacio a tutta l'umanità"
La santità luminosa di questa Sorella raggiunge tanti cuori e li muove e li orienta verso Dio.
Il 26 giugno 2006, il Papa Benedetto XVI, ha riconosciuto l'eroicità delle sue virtù, firmando il Decreto per la Sua Beatificazione.
Suor Maria Rosa Pellesi è stata beatificata il 29 aprile 2007, nella Cattedrale di Rimini, dal cardinale José Saraiva Martìns, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, che concluse l'omelia in questi termini : « La Beata Maria Rosa, posta dalla Chiesa sul candelabro, ci invita alla speranza e a non lasciarci inchiodare dai nostri limiti e colpe, perché Dio non lascia nulla di incompiuto. Preghiamo anche noi, come lei pregava per se stessa: "Che Gesù Signore agisca in me per costruire sulle macerie della mia miseria, quel capolavoro che Egli si è prefisso fin dall'Eternità". Il capolavoro della perfezione evangelica, il capolavoro della propria santificazione.»
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